silviacosta Si è svolto a Roma, presso l’Ufficio Italiano del Parlamento Europeo, il convegno intitolato “Cultura e creatività per lo sviluppo”. Dopo l’introduzione della neo assessora alla cultura della Regione Lazio, Lidia Ravera, si sono susseguiti interventi ricchi di spunti che hanno messo in luce criticità e risorse del panorama culturale italiano ed europeo. L’esame è partito dall’approfondimento sui fondi strutturali, il cui budget è in via di definizione presso l’UE.
Luca Bergamo (Culture Action Europe) ha affermato che non ci troviamo in tempi di crisi ma che siamo in realtà in un’epoca di profonda transizione. Salutando con soddisfazione il fatto che finalmente si parla di progetti nel lungo periodo, ha esortato istituzioni e operatori della cultura a immaginare una società che funzioni su equilibri diversi rispetto al passato. In questa dichiarazione abbiamo letto una testimonianza critica nei confronti di quanti credono tuttora di gestire le problematiche del presente utilizzando ancora gli approcci degli anni ’90, una tendenza purtroppo molto presente nei dibattiti in corso.
Forte il richiamo espresso da Giampiero Marchesi (MISE) rivolto alla capacità di progettare il futuro. Nel suo intervento, il responsabile del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, ha tenuto a precisare che i fondi strutturali non sono una forma di finanziamento ma uno strumento della politica per migliorare la situazione sociale ed economica.
Carlo Testini (ARCI) ha sottolineato l’importanza di considerare che le piccole e medie imprese non sono parte solo del mondo “profit” ma possono provenire a tutti gli effetti anche dal settore no-profit e che sarà bene diffondere in tutta Italia una relazione più attenta nei confronti dell’associazionismo. Le sollecitazioni più specifiche della sua relazione sono state rivolte al primato dei processi innovativi rispetto al prodotto, alla promozione culturale, alla riconsiderazione del patrimonio immateriale e agli strumenti di educazione permanente.
Inquietanti alcuni dati descritti da Annalisa Cicerchia (ISTAT), secondo i quali 1 Italiano su 2 non legge nemmeno un libro in un anno, 7 su 10 non sono mai stati in un museo e 8 su 10 non vanno a teatro. Da molti anni la spesa di una famiglia italiana per la cultura è ferma al 7,5% mentre negli altri paesi europei è mediamente raddoppiata. Giulio Stumpo (ECCOM) ha rilanciato alcune delle domande cruciali su cui devono riflettere le Istituzioni: qual è il bisogno di cultura oggi, quale lo strumento migliore per utilizzare le poche risorse disponibili e quale futuro vogliamo costruire. Interessanti contributi sono arrivati dalle testimonianze dei rappresentanti di Marche e Puglia che hanno tracciato il valido percorso delle politiche per la cultura nei loro rispettivi territori. Altri contenuti ricchi di spunti sono arrivati da Antonia Pasqua Recchia (MIBAC) e Flavia Barca (Fond. Rosselli).
Le conclusioni dell’On. Silvia Costa hanno riallacciato tutti i fili del convegno attraverso un’analisi più approfondita della dinamiche in atto presso il Parlamento Europeo sui temi in questione. Dopo aver ribadito il ruolo dell’Italia nel successo sulla complessa disputa sull’eccezione culturale, l’Europarlamentare ha posto l’accento sul deficit di committenza nel quadro decisionale e sul problema che potrebbe crearsi nel vuoto istituzionale creato dalla scomparsa delle province. All’apprezzamento convinto della relazione recentemente pronunciata dAl Ministro Bray ha tuttavia unito la richiesta vibrante per una partecipazione più attiva dello stesso Ministro all’Agenda Digitale. Nell’ambito delle proposte più stimolanti che sono state avanzate da Silvia Costa c’è stata quella dell’istituzione delle Cult Commission sul modello delle Film Commission che operano nel cinema.

La lunga mattinata alla quale erano presenti molti rappresentanti di categoria ha sancito ancora una volta, nel caso ce ne fosse bisogno, che occorre evadere dai modelli basati sull’emergenza. Bisogna cominciare quindi a elaborare proposte che sul medio e lungo periodo assicurino il riposizionamento della cultura in un ambito di centralità rispetto al ruolo stesso della cultura nei processi di coesione sociale, di sviluppo della conoscenza e di identità.
Da tutti è giunto il vigoroso appello per scelte in grado di progettare il futuro su basi concrete, e verificabili, ma soprattutto realizzate grazie ad approcci innovativi che assicurino democrazia, crescita collettiva ed equilibrio sociale.


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