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Progetto di promozione e sviluppo
del Nuovo Cinema Indipendente Italiano

Mostra Internazionale del Cinema
6 settembre 2011 – Lido di Venezia Casa degli Autori

croppi_veneziaIntervento di Umberto Croppi – Responsabile Cultura Futuro e Libertà
Intanto una riflessione che secondo me è importante. In molti paesi civili, e l’Italia lo è stata, agli intellettuali viene riconosciuto in generale dalla società a volte sul piano normativo, uno statuto speciale; sono assolti da una serie di incombenze a cui le persone normali devono sottostare.
In Italia è veramente singolare il fatto che un’iniziativa che mette insieme per trovare una forma nuova di organizzazione di tutto il comparto di una filiera che viene definita industriale sono gli autori. Questo la dice lunga sulla situazione in cui stiamo, ma anche sulle risorse che questo paese ha al di là del giudizio del nostro presidente del consiglio.
Perché il fatto che gli autori si rimbocchino le maniche e si pongano il problema che poi il loro lavoro se non trova uno sbocco resta un lavoro sterile, è una cosa estremamente significativa di cui prendere atto per avviare i ragionamenti successivi.
Altro punto è considerare questo come elemento fondamentale dell’industria culturale. Voi fate riferimento nel vostro documento anche alla normativa europea a riguardo. In italia il cinema ha degli aspetti prettamente industriali. Voi fate un riferimento giusto – e io lo dico da tempo- in italia esiste e voi fate riferimento a questo, un ministero che si chiama dello sviluppo economico. Tutti sappiamo che la cultura in generale e in particolare il cinema costituisce un elemento anche in base alla quantità di economia che produce, un elemento basilare dello sviluppo per i numeri che comporta degli occupati (circa 300.000 occupati nell’intera filiera) con un apporto al pil notevolissimo, anche soltanto fermandosi al cinema.
Tutto questo però rientra delle competenze quasi esclusiva del ministero dei beni e delle attività culturali. Ma la funzione prevalente di quel ministero, anche storicamente, è quella che riguarda i beni culturali. Ora io credo che invece sia giunto il momento di rimettere in discussione questo tipo di competenze. Io credo che tutta la produzione culturale dovrebbe rientrare a pieno titolo nelle competenze del ministero dello sviluppo economico. In particolare il cinema ha delle caratteristiche che lo differenziano da altri tipi di produzioni perché tutti sanno, è misurato, che la nostra capacità di esportare prodotti deriva dal fatto che i nostri prodotti hanno un contenuto immateriale, di stile di vita, di qualità e di storia. Ora, il cinema oltre ad essere un prodotto in sé, capace di produrre economia e produzione, è lo strumento che più di ogni altro conferisce al resto della produzione questo contenuto. Quindi dovrebbe essere considerato strategico da questo punto di vista.
E’ vero che siamo in una situazione molto grave, ma il ministero dello sviluppo economico è l’unico che risorse da spendere e che spesso non spende, ha delle competenze vere, personale qualificato che può essere utilizzato per le ricerche e le indicazioni strategiche e che però è legato ad altri settori e spesso nemmeno viene utilizzato per quelli, creando spesso sovrapposizione con altri ministeri con una dispersione di risorse anche umane enormi .
Questo è un punto cruciale. Voi giustamente fate riferimento ai due ministeri. Io credo che vada ripensato alle competenze fino addirittura a rivedere le strutture delle deleghe governative.
Fate giustamente riferimento al finanziamento pubblico come uno dei dati fondamentali. Ma anche l’organizzazione delle spese e l’ordinamento italiano dovrebbero essere oggetto di qualche riflessione. Io sono stato quasi tre anni assessore alla cultura del comune di Roma, c’è questa forte competenza delle regioni sul cinema. Io per la mia storia culturale fin da giovane ero molto federalista, lo chiamavano regionalismo all’epoca. Io dico che in alcune materie questo decentramento di competenze va rimesso un po’ in discussione, perché ci sono delle linee culturali, dei frame all’interno dei quali le regioni devono muoversi. Perché altrimenti questa autonomia, questo dislivello che si crea da una regione all’altra, crea una confusione enorme, non valorizza il territorio e le maestranze locali; quindi un ripensamento anche su questo andrebbe fatto.
Mi avvio a chiudere dicendo che però realisticamente si devono tenere presenti due fatti.
Uno lo dicevo prima è la situazione che stiamo vivendo. Noi ci stiamo drammaticamente rendendo conto in questi giorni di una cosa che tutti avevamo fatto finta di non vedere. L’italia stava in cassa integrazione, noi abbiamo vissuto alcuni anni in pieno assistenzialismo generale, la nostra economia era già in sfracello ma c’erano degli ammortizzatori che tendevano a mettere sotto il tappeto tutti i problemi e a rimandare. Oggi la cassa integrazione è finita, oggi siamo virtualmente tutti disoccupati. Ci siamo trovati per la responsabilità di tutti in una situazione, una situazione in cui si riparte dai blocchi di partenza,. E questo bisogna tenerlo presente anche quando si ragiona in termini di finanziamento pubblico.
Sappiamo benissimo che i finanziamenti per la cultura nel nostro paese non ci sono, oggi però non c’è più spazio. Se l’acqua non c’è la papera non galleggia. Con questo dobbiamo cominciare a fare i conti.
Altra cosa, come ha ben sottolineato l’intervento che mi ha preceduto, imprescindibile se non   si vuole rischiare di costruire delle prospettive che sono totalmente teoriche, è la trasformazione del sistema di distribuzione. Per cui la produzione e l’ideazione dei prodotti devono tener conto di questa novità straordinaria che sta cambiando e cambierà tutto nel giro di pochissimo tempo.
I libri cominciano veramente a leggersi sull’IPad. Cambia completamente la situazione e cambiano anche i linguaggi con il cambiare degli strumenti di distribuzione. Ormai è presente, anche se non ancora entrato nell’uso, un sistema che permette di attaccare gli occhialetti all’iphone e guardare il film in 3d comodamente seduti sulla poltrona di casa. Questo cambia –  è stato detto –  il problema del rapporto con i diritti d’autore e con la distribuzione. Si diceva che ci vorrebbe un organismo neutro che verifichi la trasparenza dei finanziamenti, lo stesso vale per le valutazioni su quello che sta avvenendo.
Tutte le cifre che si danno in  merito alla pirateria sono cifre falsate dal fatto che essendo stimate dai distributori e non da organi indipendenti, non tengono conto di tutta una serie di fattori.
È vero che la pirateria danneggia il settore, ma bisogna tenere presente che è quasi ineliminabile e tentare di combatterla con la repressione significa alla fine addirittura favorirla. Però c’è un aspetto di promozione della pirateria, c’è un aspetto che va considerato e cioè quello che chi scarica il film gratuito è uno che non lo comprerebbe mai al suo prezzo e quindi non è possibile calcolare il danno al consumo. Perché in parte quel consumo lo sottrai al mercato, ma in parte sono risorse che non andrebbero mai al mercato.
E allora questi fenomeni vanno capiti in parte assecondati e utilizzati; sappiamo bene che chi ha saputo utilizzare la distribuzione gratuita ci ha fatto i miliardi. Cambiano le regole che noi abbiamo conosciuto dall’inizio di questa industria ad oggi.
Allora, visto che voi siete quelli che avete avuto l’intelligenza di capire per primi e di parlare ai vostri colleghi della produzione della distribuzione, dicendo che era necessario mettersi insieme per fare una cosa nuova, voi portate anche questa responsabilità che poi serve ai politici, alla politica per riuscire a trasformare il modello proposto in un organizzazione pubblica di questi settori. Questo sforzo collettivo per ragionare insieme sulle trasformazioni radicali che ci investono, ecco, è di questo voi portate la responsabilità. Per quanto riguarda noi politici che siamo chiamati a farci portatori di queste istanze, sapete che su quelli di noi che stanno qui oggi potete contare.

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