Il titolo può trarre in inganno. Si allude a Roma o magari ai Rom mai così bersagliati dai sospetti? E se si andasse avanti col pensiero, sarà colpa di una parte o dell’altra?
Chi è insomma il vero colpevole dell’intrigo romano che porterà in cella alcune decine di persone?
Penso alle telecamere. A quello strumento insulso che viene scambiato con la sicurezza. E penso alle divise che, per carità, fanno quasi ogni giorno quasi tutto il loro dovere. E ancora quasi.
Ma quale sicurezza può provenire dal percepire la spia elettronica o il controllore armato? Si tratta di una garanzia che sa di persuasione, quindi può diventare in breve un’illusione e alla fine un inghippo. Ma che c’entra con una storia che spinge avanti la Banda della Magliana (la Banda che non c’era), sobbalza sui fascisti, rimbomba sull’ex sindaco e rincula perfino su qualche funzionario (non politico) di sponda opposta? Beh, in parte c’entra con l’inghippo, forse anche con la persuasione e con la garanzia che si tramuta in illusione. Ma allora, la sicurezza di cui sopra?

È la serenità del forse predestinato a morire di assassinio, che si sente in quella botte di ferro costruita sul consenso, in un suk di patti segreti, che funziona con l’occhio vigile della sentinella virtuale. Oppure è l’argine vestito da poliziotto che tiene a distanza il presunto sicario.
Ma che civiltà è mai questa? Controllo e repressione. Consenso e compromesso. Non si arriva lontano. Non più lontano almeno di Regina Coeli e di qualche clamoroso scivolone dalle parti di alcune compartecipate.
Certo che quest’ultimo termine, compartecipata, risuona un po’ troppo spesso. Come quello delle fondazioni e dei criteri di nomina. Insomma, c’è una forte tendenza alla compartecipazione e in quel girone infernale che così si alimenta va a finire che non riconosciamo più il killer e nemmeno il morto.
No, non parlavo dei Rom. Parlavo del morto. Anzi, della morta.
E a dire il vero non la riconosco più nemmeno io. Povera Roma.

SteP
2 dicembre 2014

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