Anatomia di una mistificazione
Come si difende l'indifendibile in tre minuti di talk show
Ieri sera Federico Fubini, vice-direttore del Corriere della Sera, è intervenuto in un talk show per commentare la grande manifestazione pro-Palestina di Roma.
In pochi minuti di parlato ha offerto un esempio cristallino di come funziona il giornalismo contemporaneo: non informare, ma orientare. Non analizzare, ma mistificare. Non servire i lettori e i telespettatori, ma proteggere il potere.
Non si tratta di attaccare una persona. Fubini, eccellente giornalista economico, è semplicemente il volto più visibile di un sistema che ha trasformato il giornalismo da strumento di conoscenza a strumento di controllo.
Vale la pena analizzare punto per punto il suo intervento, perché rivela un metodo preciso, replicabile, sistematico.
La tecnica delle false equivalenze
“I palestinesi sono doppiamente vittime”, ripete Fubini. Vittime di Israele, ma anche vittime di Hamas. L’equivalenza è perfetta, simmetrica, rassicurante. Sembra equilibrio, ma è mistificazione. Perché mettere sullo stesso piano chi occupa e chi resiste, chi assedia e chi è assediato, chi ha un esercito tra i più potenti al mondo e chi ha tunnel scavati a mano, significa cancellare settant’anni di storia con una frase.
La tecnica è antica: quando i fatti sono troppo evidenti per essere negati, si diluiscono. Si distribuiscono le responsabilità fino a renderle indistinguibili. Così Gaza diventa una tragedia senza colpevoli, o meglio, con tutti colpevoli allo stesso modo ma con un malfattore più responsabile. E lo spettatore, confuso da questa falsa simmetria, può aspettare la pubblicità con la coscienza alterata o quanto meno scompaginata.
Lo spostamento del focus
Ma Fubini va oltre. All’epilogo della sua pseudo analisi, devia improvvisamente: “C’è anche qualcosa di più. C’è la collera, la frustrazione nella società italiana, per ragioni che non hanno molto a che vedere con Gaza, ma che hanno molto a che vedere con…” e qui arriva il colpo di genio: i salari italiani dal Covid in poi.
In trenta secondi, un milione di persone scese in piazza per Gaza diventano inconsapevoli manifestanti della propria frustrazione economica. Non capiscono perché protestano, poveretti. Credono di solidarizzare con un popolo sotto assedio, ma in realtà stanno solo sfogando la rabbia per i salari bassi.
È la tecnica dello psicologo da salotto: ridurre la politica a pulsione, la scelta etica a compensazione inconscia. Chi manifesta non ha ragioni razionali, ha solo bisogno di urlare. Se ce lo dice un aspirante guru della verità rivelata dobbiamo crederci. E così si cancella la sostanza della protesta riducendola a sintomo di altro.
La protezione del padrone
Fubini lavora per il Corriere della Sera, giornale di proprietà di una delle più grandi holding italiane, profondamente intrecciata con interessi economici e politici che includono rapporti strategici con gruppi dominanti e nazioni influenti. Non serve credere in cospirazioni per capire che quando parla, non sta esercitando libera analisi intellettuale. Sta svolgendo un ruolo preciso: rendere accettabile l’inaccettabile, normalizzare l’anomalia, proteggere gli interessi di chi firma i suoi assegni.
Anche qui, nessuna novità. È lo stesso meccanismo che abbiamo visto con la guerra in Iraq, con la Libia, con ogni intervento militare che l’Occidente doveva giustificare. I grandi giornali diventano megafoni della narrazione dominante, e i loro vicedirettori vengono mandati in TV a spiegare perché quello che vediamo non è quello che sembra.
Il laboratorio degli anni Ottanta
Tutto questo non nasce ieri. Nasce negli anni Ottanta, quando il giornalismo italiano ha iniziato a trasformarsi. Prima lentamente, poi rapidamente. Dal giornalismo educativo della RAI degli anni Sessanta al giornalismo-spettacolo degli anni Ottanta, fino al giornalismo-propaganda di oggi.
In “Il Futuro Pilotato” ho cercato di riscostruire questa mutazione. Ho ricostruito come la televisione commerciale ha riscritto le regole, come l’informazione si è subordinata all’intrattenimento, come la deontologia ha ceduto il passo alla logica dell’audience. Fubini non è un’anomalia in questo sistema. È il prodotto perfetto di questa trasformazione. Come altri aspira forse ad avere una trasmissione tutta sua e chiudere così il cerchio di un carrierismo che seduce gli abitanti privilegiati dei talk show.
Il video come contro-narrazione
Nel video si analizza punto per punto l’intervento di Fubini, nella sua prima performance, sovrapponendo alle sue parole i dati, le immagini, i fatti che il suo discorso cerca sistematicamente di nascondere. Non vuole essere un attacco alla persona, ma è la dimostrazione plastica di come funziona il meccanismo. Come si costruisce una mistificazione. Come si difende un genocidio mentre si finge equilibrio.
Il video dura pochi minuti, ma è sufficiente per capire che quando Fubini parla, non sta informando. Sta orientando. E sta farlo con una tecnica precisa, raffinata, quasi impercettibile per chi non sa riconoscerla.
Oltre la persona, il sistema
Fubini domani mattina continuerà meritoriamente a fare il suo lavoro grazie alle notevoli competenze economiche di cui dispone. Scriverà editoriali e parteciperà a nuovi talk show commentando l’attualità. Qualora venisse spedito in missione dall’editore, suo malgrado dovrà continuare a usare le stesse tecniche: false equivalenze, spostamento del focus, protezione degli interessi dominanti. Non perché sia in malafede, ma perché l’apparato in cui opera richiede esattamente questo.
Il problema non è Federico Fubini. Il problema è un’intera architettura dell’informazione che ha trasformato il giornalismo da cane da guardia della democrazia a portavoce del potere. Da strumento di conoscenza a strumento di controllo. Da spazio di verità a teatro di mistificazioni.
E finché non riconosceremo questo meccanismo, continueremo ad applaudire chi ci sta mentendo, convinti di essere informati.
Stefano Pierpaoli
06 ottobre 2025
Stefano Pierpaoli
IL FUTURO PILOTATO
Il potere contemporaneo tra algoritmi e oligarchie
“Il Futuro Pilotato” è il risultato di anni di osservazione critica dei processi contemporanei. Un’analisi interdisciplinare che connette ciò che viene solitamente trattato in modo frammentario: dalla geopolitica dell’interdipendenza al dominio algoritmico, dalle oligarchie finanziarie all’erosione democratica. In uscita a novembre 2025
Mario Pascale Editore • Novembre 2025





