Editoriali
Il mercato fuori dalla realtà
Una premessa personale necessaria
Prima di addentrarmi nell’analisi dello scenario finanziario globale che si sta delineando sotto i nostri occhi, ritengo opportuna una premessa biografica che ho mai condiviso pubblicamente. Per anni ho operato nel mercato dei diamanti e delle pietre preziose, un settore che molti considerano romantico (al tempo lo era) ma che in realtà è spietatamente concreto. In quel mondo si “faceva mercato” con investimenti milionari, si scommetteva sulla percezione del valore, si costruivano narrative che trasformano cristalli di carbonio in simboli di eternità. Ho imparato lì una lezione fondamentale: quando il prezzo si distacca troppo dal valore intrinseco, quando la narrazione prevale sulla sostanza, il crollo è solo questione di tempo. E quando arriva, è sempre più violento di quanto chiunque potesse immaginare.
Quella esperienza mi ha insegnato a riconoscere i segnali di una bolla. E oggi, osservando i mercati finanziari globali, rivedo gli stessi pattern, ma amplificati a scala planetaria.
La grande dissociazione
Mentre alcuni analisti mainstream continuano a descrivere questo scenario con toni rassicuranti, limitandosi a elencare fenomeni contraddittori senza offrire una chiave interpretativa sistemica (qui un esempio dal Corriere della Sera), i dati parlano una lingua inequivocabile.
Viviamo in un paradosso che sfida ogni logica economica. Mentre l’economia reale stenta, le tensioni geopolitiche si moltiplicano e i fondamentali macro-economici vacillano, le borse mondiali toccano record storici. L’oro ha superato i 4.000 dollari l’oncia, il bitcoin vola oltre quota 125.000 dollari, e Wall Street celebra massimi senza precedenti. Come spiegare questa contraddizione?
La risposta risiede in un processo che ho già analizzato in questi spazi: la finanziarizzazione estrema dell’economia, quel distacco progressivo tra mercati finanziari ed economia reale che caratterizza le ultime quattro decadi di neoliberismo sregolato. Ma oggi questo fenomeno ha raggiunto livelli che la storia economica ricorda solo in due momenti: il 1929 e il 2000.
Il ratio Shiller P/E[1] – che misura quanto gli investitori pagano rispetto agli utili medi decennali delle aziende – ha raggiunto quota 40. L’ultima volta che toccò questi livelli fu nell’estate del 2000, immediatamente prima del crollo della bolla dot-com. Il cosiddetto Buffett Indicator[2], che confronta la capitalizzazione totale del mercato con il PIL, segna il 215%: il valore più alto mai registrato nella storia. Non sono opinioni: sono dati matematici che gridano una verità scomoda.
[1] Shiller P/E (Price-to-Earnings Ratio): Indicatore che confronta il prezzo delle azioni con la media degli utili aziendali degli ultimi dieci anni, aggiustati per l’inflazione. Valori sopra 30 indicano mercati sopravvalutati.
[2] Buffett Indicator: Rapporto tra capitalizzazione totale del mercato azionario e PIL di un paese. Warren Buffett lo considera “la migliore singola misura per valutare se i mercati sono cari o a sconto”. Valori sopra 100% indicano sopravvalutazione.
Le tre bombe a orologeria
Il Fondo Monetario Internazionale, nelle sue ultime analisi (raramente riprese dai media mainstream), identifica tre vulnerabilità sistemiche che si stanno rafforzando reciprocamente.
Prima bomba: il debito globale. Ha raggiunto i 251 trilioni di dollari, oltre il 235% del PIL mondiale. Il debito pubblico globale supererà il 100% del PIL entro il 2029, con gli Stati Uniti già al 125% e pagamenti per interessi che superano la spesa militare. In uno scenario avverso – non catastrofico, semplicemente avverso – il FMI stima che il debito pubblico globale potrebbe raggiungere il 117% del PIL entro il 2027: il livello più alto dalla Seconda Guerra Mondiale.
Seconda bomba: il sistema bancario ombra. Il shadow banking[1] gestisce oggi 239 trilioni di dollari in asset, circa metà della ricchezza finanziaria mondiale, operando con regole molto più permissive rispetto alle banche tradizionali. Entità non bancarie controllano il 68% dei prestiti con leva finanziaria[2] – 21,9 trilioni di dollari – creando una rete di interconnessioni opache che amplificano qualsiasi shock. Quando nel marzo 2020 questo sistema entrò in crisi durante il “dash for cash” pandemico, solo interventi massicci delle banche centrali evitarono il collasso.
Terza bomba: la concentrazione estrema. I guadagni di borsa sono concentrati in una manciata di giganti tecnologici valutati sulla promessa dell’intelligenza artificiale. Società come Palantir vengono scambiate a oltre 300 volte i loro utili futuri. Questa non è più esuberanza irrazionale: è delirio collettivo istituzionalizzato.
[1] Shadow banking (sistema bancario ombra): Insieme di intermediari finanziari (fondi, società di investimento, veicoli speciali) che svolgono attività simili alle banche tradizionali ma operano fuori dalla regolamentazione bancaria, con minori obblighi di trasparenza e capitale.
[2] Leva finanziaria: Uso di capitale preso in prestito per amplificare i potenziali guadagni (ma anche le perdite) di un investimento. Un fondo con leva 10x può investire 100 milioni pur avendo solo 10 milioni di capitale proprio.
Il meccanismo della catastrofe
Come si propaga una crisi in questo sistema iperconnesso e iperleverato? Il meccanismo è tristemente prevedibile. Un evento scatenante – uno shock geopolitico, una crisi del debito sovrano, un default importante – innesca vendite sui mercati azionari. Le vendite attivano margin calls[1] sui fondi altamente indebitati. Per coprire le perdite, questi fondi devono liquidare asset in massa (fire sales[2]), amplificando il crollo. La crisi di liquidità si propaga al sistema bancario ombra, che si blocca. Le banche tradizionali, esposte attraverso mille canali al sistema ombra, entrano in difficoltà. Il credito si congela. Le aziende, già fragili con tassi di default al 9,2% (massimo post-2008), crollano a cascata. La recessione diventa depressione.
[1] Margin calls: Richieste immediate di deposito di garanzie aggiuntive che un broker fa a un investitore quando le perdite sui suoi investimenti indebitati superano una certa soglia. Se l’investitore non può coprire, le posizioni vengono liquidate forzatamente.
[2] Fire sales: Vendite forzate di asset a prezzi molto inferiori al valore reale, effettuate in condizioni di emergenza per generare liquidità immediata, che alimentano ulteriori cali di prezzo.
Perché nessuno ferma la macchina
La domanda che sorge spontanea è: se i rischi sono così evidenti, perché i regolatori non intervengono?
La risposta è semplice e terrificante: perché il sistema è troppo grande e troppo interconnesso per essere fermato senza provocare esattamente la crisi che si vorrebbe evitare. È la classica trappola del “troppo grande per fallire” elevata a sistema globale. Le banche centrali sono ostaggio del mostro che hanno contribuito a creare: ogni tentativo di normalizzazione rischia di innescare il panico.
Verso quale futuro
La storia dei mercati finanziari ci insegna una lezione immutabile: ogni correzione rimandata ritorna amplificata. Non è questione di “se”, ma di “quando” e “quanto violento”. Gli scenari possibili oscillano tra una stagnazione prolungata costellata di crisi regionali e un crollo sistemico che ridisegnerebbe l’intero ordine economico globale.
Ciò che rende questo momento unico nella storia è la sovrapposizione di fragilità finanziarie estreme con tensioni geopolitiche crescenti e una transizione di potere globale in corso. Il nuovo ordine mondiale di cui scrivo spesso su queste pagine si sta forgiando anche – forse soprattutto – attraverso l’inevitabile riassestamento di questo castello di carte finanziario.
Chi ha vissuto i mercati reali, chi ha visto il valore costruirsi e distruggersi, riconosce i segnali. E oggi, quei segnali lampeggiano rosso intenso.
Stefano Pierpaoli
11 ottobre 2025
Nel mio libro “Il Futuro Pilotato” (in uscita a novembre) analizzo in profondità questi meccanismi: dalla bolla dot-com del 2000 al ruolo di Palantir e dei giganti tecnologici nelle nuove architetture di potere, fino all’intreccio tra finanziarizzazione e controllo algoritmico che sta ridisegnando l’ordine globale. Un testo per offrire strumenti di comprensione critica di fronte a un sistema che ci vorrebbe spettatori passivi del suo collasso programmato.
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“Il Futuro Pilotato – Il potere contemporaneo tra algoritmi e oligarchie”
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Stefano Pierpaoli
IL FUTURO PILOTATO
Il potere contemporaneo tra algoritmi e oligarchie
“Il Futuro Pilotato” è il risultato di anni di osservazione critica dei processi contemporanei. Un’analisi interdisciplinare che connette ciò che viene solitamente trattato in modo frammentario: dalla geopolitica dell’interdipendenza al dominio algoritmico, dalle oligarchie finanziarie all’erosione democratica. In uscita a novembre 2025
Mario Pascale Editore • Novembre 2025





