Chi sei, uomo?
che vuoi parlare con le macchine
Massimo Cacciari
LA MACCHINA SPIRITUALE
Milanesiana – Milano, 3 giugno 2025
45 minuti che valgono 100 anni e forse di più.
Massimo Cacciari ci dona una testimonianza filosofica e politica di travolgente interesse. È il pensiero che svela e che avverte. È la voce che descrive e manifesta. È esperienza che nutre e inquieta.
La passione con cui esprime richiamo e indirizzo, trasmette un insegnamento che oltrepassa i confini effimeri e volgari in cui siamo richiusi.
Ascoltare queste parole, diffonderle, è un atto che nel suo svolgersi si trasforma in ricchezza per diventare eredità necessaria.
Non si può che partire da qui per comprendere ciò che sta arrivando mentre ci accade intorno.
Difficile, per non dire impossibile, aggiungere visioni e concetti dopo aver ascoltato le parole di uno dei più grandi pensatori del nostro tempo.
Giungere alla sfida con l’intelligenza artificiale, rappresenta tuttavia un momento simbolico di folgorante attrazione. Lo è soprattutto per chi, a partire dalla pubblicazione del primo articolo – “Il Demone” nel 2007 – ha cercato di contrastare la deriva culturale degenerativa che tutti noi abbiamo subito.
Quest’area tematica si inserisce in un dibattito molto concentrato sulla macchina e molto poco sull’uomo. La tecnologia e le sue applicazioni sono diventate protagoniste della storia umana a un tale livello da prendere il posto dello stesso umano.
Siamo ciò che il mondo digitale rappresenta di noi.
Per questo motivo, l’incontro con l’IA costituisce un confine che impone interrogativi pazzeschi, primo fra tutti: qual è l’essere umano che si illuderà di “usare” l’intelligenza artificiale?
Non può essere un’esplorazione consolatoria nè un’indagine rassicurante. Siamo naufragati nelle consolazioni conformiste e affoghiamo di distrazioni rassicuranti. Non c’è più spazio per le mistificazioni strumentali.
Le riflessioni che hanno dato origine a questa ricerca nascono dal dovere di evidenziare i nostri punti deboli per risolverli in fretta.
È un vincolo etico ineluttabile ed è un appello alle nostre coscienze.
Percepiamo come diritto inalienabile il fatto di non essere stimolati a ragionare. Invochiamo la libertà fondamentale di evitare il pensiero. Preferiamo schierarci (per finta) su scelte binarie, immediate, preconfezionate. Siamo il popolo del sì o no che non vuole accorgersi di essere in realtà, sempre di fronte a una sola opzione.
Presentisti radicali. Ipernormalizzati e quindi assuefatti, anestetizzati, de-sensibilizzati. Analfabeti funzionali, emotivi, e quindi esistenziali. Esposti all’angoscia, alle paure, alle frustrazioni e quindi alla violenza. Deleghiamo chi a sua volta delega in un interminabile scaricabarili spersonalizzante.
Preferiamo la sintesi all’approfondimento e la voglia al desiderio. Siamo di fronte a un dito e a una luna senza più riconoscere cos’è l’uno e l’altra. Siamo i rilevatori del fatto compiuto, dell’inevitabilità dei crolli, della vita come destino.
E in questo scenario, l’intelligenza artificiale non arriva come salvezza tecnologica, ma come specchio spietato. Uno specchio che ci rimanda non quello che vorremmo essere, ma quello che siamo. La domanda centrale di questo saggio non è “cosa può fare l’IA per noi”, ma “chi è l’essere umano che si prepara ad accogliere, utilizzare, collaborare con l’intelligenza artificiale?”
L’Italia, con il suo 37% di analfabeti funzionali (dati OCSE-PIAAC), con il suo lessico in costante impoverimento, con la sua perdita del senso storico, rappresenta un laboratorio privilegiato per comprendere questo incontro tra deficit umani e potenzialità artificiali. Non per masochismo culturale, ma perché è proprio nel paradosso italiano – ricchezza culturale millenaria vs povertà educativa attuale – che si manifesta con maggiore chiarezza la sfida epocale che abbiamo di fronte.
Alla ricerca delle nuove domande
La storia dell’intelligenza artificiale è, in fondo, la storia dell’ambizione umana più audace: comprendere l’intelligenza creandola.
È un viaggio che inizia alla fine del V secolo a.C. per passare poi passando per le menti visionarie di filosofi, matematici, ingegneri e sognatori [Il sogno della macchina pensante].
Il futuro di questa stra-ordinaria invenzione è ancora tutto da scrivere. Ma una cosa è certa: il sogno della macchina pensante, nato migliaia di anni fa nell’immaginazione umana, continuerà a guidare la nostra specie verso nuove frontiere della conoscenza e della creatività.
In questo viaggio affascinante e al tempo stesso terrificante, non ragioneremo solo sulle macchine intelligenti: cercheremo di scoprire che cosa significa essere intelligenti.
Sarà un’esplorazione fatta di domande più che di risposte, ma tutti gli interrogativi suscitati dovranno essere passi in avanti verso una definizione degli strumenti più efficaci per affrontare la svolta epocale in cui siamo già immersi.
Quello verso la soluzione della relazione tra noi e l’IA sarà un cammino lungo e non facile, ma questa ricerca è volta a trovare chiavi risolutive che toccano altri settori della nostra esistenza. In ogni caso, potranno alimentare i fattori di conoscenza e interpretazione della “macchina pensante” costituisce il modo migliore per prepararci a vivere in dimensioni a oggi sconosciute.
Parliamo di un apparato che può contare su una vera e propria rete neurale. Che non esegue ordini ma elabora ragionamenti in modo autonomo. Che ha formidabili capacità predittive, sa generare raccomandazioni e fornire soluzioni nel giro di pochi secondi. Organizza, assembla e sistematizza in modo coerente miliardi di dati. Agisce in un ambiente facilmente raggiungibile e opera in contesti apparentemente privi di mediazione.
Non ha pregiudizi ma può produrne. Non prova sentimenti ma può influenzarli.
La sua coerenza è destinata a crescere. I dati non potranno che aumentare.
Non possiamo escludere che possa in futuro sviluppare, magari in forma rappresentativa ma non per questo insignificante, stati emotivi e affettivi.
Possiamo far finta di nulla. Possiamo perderci in chiacchiere inutili sui livelli occupazionali, sui diritti d’autore, sul cosiddetto deepfake ma sono argomenti ridicoli se messi a confronto con la portata di questa rivoluzione tecnologica.
Di questo eccezionale successo dell’homo sapiens.
Stefano Pierpaoli
18 giugno 2025
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