Finalmente felici

“Non Nobis Domine, Non Nobis, Sed Nomini Tuo Da Gloriam”

Con la croce templare per giungere fino all’altrove della democrazia nello stesso momento in cui ella nasceva nuova e imperscrutabile.
Poggiata su un olocausto di nativi inermi, 100 milioni o magari qualcosa di più, fino a innalzarsi al luminoso traguardo della felicità.
Ma senza i fili, un buon burattinaio non ti fa arrivare al benessere. Servono guerre e ancora morti. Servono fiumi di sangue e nuove conquiste.

L’equilibrio della crudeltà tesse le trame più raffinate e seducenti per adornare i popoli civili che crescono sani. Avvolti nel candore della prosperità. Ammantati nella giustizia dei buoni e dei migliori.
È una bellezza che ci invade il cuore, quello dell’Europa colta ed emancipata che sa ben architettare una o due carneficine.
In un secolo breve e mostruoso che ci insegna la morte e ne svela, se mai ne avessimo bisogno, l’opulenza che essa produce.

Beati e soddisfatti infiliamo le mani nel frigo e sfoggiamo automobili su strade asfaltate.
Beati e soddisfatti attraversiamo il mondo in qualche ora e ne siamo padroni.
Beati e soddisfatti, ma non appagati.
Il placare la spinta morbosa ridurrebbe milioni di passi nella marcia che porta al consumo.
La lezione di strisce e di stelle non consente respiro e ci impone la corsa del nessuno che arriva per primo.
Sorridenti e ammassati davanti agli schermi dove l’angoscia si chiama allegria e il volgare alchimia.

Il glorioso Occidente impanato di gioia chiude il cerchio di mille e una notte e le illumina a giorno. Il deserto è di nuovo solcato da rumori pietosi verso un oltre incivile che, ostinati e perdenti, esportiamo chiamandolo democrazia.
L’uomo bianco è la soluzione e gli scoppi lontani donano al mondo scintille e magia. Un incanto, che è dolore profondo, inventato da chi è minoranza e decide il futuro del mondo senza essersi accorto che la storia è cambiata.
Siamo gonfi di luci. Le muoviamo con dita animate da impulsi straenti. Filmiamo contenti il nostro destino radioso di merce scadente.
Il disgusto regala successo in un globo talmente perfetto da mostrare in un battito d’ali il potente che salva e risolve.

Meritato sollievo il rinchiuderci, soli, e mandarci messaggi. Nel vocabolario postmoderno disperazione si dice spensieratezza e il tormento diventa esultanza.
Tutt’intorno c’è tanta bellezza da bloccare il respiro. Questo mondo in apnea che volteggia senza più vergognarsi della propria ignoranza e la rende ricchezza.
Angosciati e atterriti dal nostro creato. Si ribella Natura e si spegne Mercato.
Il linguaggio stravolto capovolge il prodotto della nostra idiozia. L’egoismo che muta in nobiltà. La barbarie sarà la gioia del futuro.
Alla festa di Impero finito ci si scambia sorrisi e si brinda al domani.
Finalmente felici.

Stefano Pierpaoli
24/01/2024

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