Il Demone (Dicembre 2007)

Si agita e si contorce. Avvolge le metropoli come pure i borghi di provincia. Offusca il panorama montano e increspa il mare rendendolo grigio.
È il demone che si nasconde, ma non troppo, e gioca con molte coscienze deboli e affannate. Si cela tra le pagine di un giornale, nelle immagini dei TG, dentro i cassetti dei politici pronto ad essere estratto al momento propizio e si aggira nei condomini, nelle zuffe volgari di uno stadio, nel dibattito asfittico degli intellettuali, tra i cassonetti fetenti della nostra immondizia.

Tra feste popolari e celebrazioni moraliste, scorre impudente il film della violenza e della paura. Del dolore e dell’ignoranza. Viene posto in bella, inutile evidenza su un piano levigato e scorrevole accanto al gesto del campione e subito prima della contorsione parolaia del ministro, e poi utilizzato senza il filtro dell’intelligenza per lo spot del consenso. Questa sfera velenosa scivola senza ostacolo, e rimpallando tra i diversi simboli di pronto uso, si adegua al messaggio sviante e colpisce le anime instabili e disgregate.
La frustrazione e l’impotenza del popolo diviso in tribù, si trasforma in un attimo in bestialità e insicurezza. Il desiderio dell’emulazione o l’impulso di nascondersi, spingono le mandrie umane verso un precipizio o verso l’altro. Su quel piano leggermente inclinato va in scena la brutalità incivile e striscia smarrendo peso, o meglio, acquisendo la stessa consistenza della dichiarazione d’intenti o della promessa per il prossimo decreto legge.
Non sappiamo se quelli del tatuaggio sul polpaccio siano gli stessi del clan del tatuaggio sulla testa. Chissà da dove vengono quelli della spranga, dell’abuso su giovani prostitute, della mazzetta all’assessore e del pizzo, consegnato o preteso. Né possiamo riconoscere se chi dorme senza passaporto italiano sotto il cavalcavia sia uguale a quello che è costretto ad accettare di fare il pendolare per 600 euro al mese. Il demone non va per il sottile e quasi sempre travolge con poche distinzioni. Di solito trascina i poveri e gli ignoranti, e in quel caso la tribù è tutta uguale. Per sua fortuna nessuno ha fatto in modo di alterare quel piano così liscio e di produrre intralci al suo avanzare. Nessuna regola e nessun riferimento comune. Una landa infinita di sorci e sciacalli, interrotta dai palazzi dorati eretti proprio su quell’ignoranza. Duemila aristocratici controllano milioni di individui e giocano con il loro futuro. Chi denuncia muore o impazzisce. Chi si espone e ammonisce viene accolto con diffidenza…che fa rima con violenza.
C’è chi punta sulla nostra povertà per non rischiare il confronto. Perché pensa che alla fine ci arrenderemo e magari ci faremo un tatuaggio con ideogrammi sul braccio. Ci isola perché conosce il trucco di mantenerci divisi e quindi assenti. Ci spinge nella riserva in cui non entreremo. Verso tribù di cui però non faremo parte.
Stiamo facendo un viaggio autentico per l’Italia e non rifiutiamo il dialogo. Noi puntiamo sulla cultura popolare e sulla consapevolezza. Scommettiamo sull’intelligenza e sul lavoro. Il demone ci osserva in silenzio e aspetta la nostra capitolazione. Il potere delle classi dirigenti si mantiene a distanza e alimenta il vuoto che ci separa dalla libertà.
Concede spazio alle voci funzionali che provano a parodiare in modo goffo e ipocrita ciò che noi abbiamo detto in tempi non sospetti. Il demone ormai è costretto anche all’intrallazzo.
Cultura è un termine assai diverso da un insieme di conoscenze. Assai distante dallo strumento di potere che credono di aver generato.
È la risposta essenziale all’esigenza di conoscersi e riconoscersi. Alla necessità ormai urgente di capirsi, definirsi e di sapere. È un elemento indispensabile per proteggersi e per incontrarsi su un territorio comune e collaborativo.
La Cultura è pane e vino per cui lottare, per mangiare e bere in un mondo che accoglie aldilà delle appartenenze e delle diversità e nel quale si capisce come e dove collocarsi per non subire le scelte dei pochi, delle caste.
La Cultura è lo strumento pacifico per non subire il demone.

Stefano Pierpaoli

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