Il fascismo d'accatto

Siamo un popolo che in alcuni ambienti si dimostra rozzo, devoto e sottomesso. Negli anni ’20 eravamo anche analfabeti e disperatamente poveri. Uscivamo da una guerra vinta solo sulla carta e da un’epidemia che aveva causato oltre 600.000 morti.

Fame, ignoranza e paura erano gli ingredienti perfetti per correre dietro all’uomo forte. Purtroppo l’esito fu disastroso. Lo dice molto chiaramente la storia.
È preoccupante che questo “molto chiaramente” venga messo in dubbio. Sarà l’ignoranza o la povertà?

Che le storture narrative e i gesti simbolici possano far parte di un folklore miserabile che tormenta le categorie più fragili intellettualmente, fa parte di una realtà fatale in ogni società ed è forse ineluttabile che accada.
Ma se la stessa inconsistenza culturale finisce con l’avvolgere una parte di classe dirigente, la movida carnevalesca dell’idiozia rischia di trasformarsi in un party a ingresso libero ed è quello a cui stiamo assistendo.

L’ossessione dell’occupazione e del controllo, inserita in un paese allergico alle regole, avvezzo al disimpegno e alla distrazione, è una strategia quantomeno bizzarra. Siamo forse facili da dominare ma siamo anche impossibili da “allineare”. Qualche figliastro della lupa si potrà anche raccattare ma sarebbe la lupa a scappare lontano per rifugiarsi in una foresta di pace e silenzio.

Questo fascismo di seconda mano, portato avanti da qualche gerarca d’accatto, con tutta probabilità non presenta grandi rischi politici. Difficile immaginare un gran consiglio con Lollobrigida e Donzelli, magari con Sechi a dirigere la propaganda, che produca un qualsiasi colpo di mano. Fanno pensare più a una carnevalata con al massimo qualche giorno grasso ai quattro formaggi. Il traguardo più ambizioso cui possono ambire è una dittatura con trombette e stelle filanti.

L’interrogativo più minaccioso per la democrazia è quello che scaturisce dalla voce del consenso che viene affidato a questa gente. Parliamo di un terzo di coloro che vanno a votare. Si tratta di un dato che deve farci riflettere sullo stato mentale e culturale del paese e ci obbliga a non distrarci troppo nei confronti del nostro declino.

La destra è azione-reazione e nella società degli input può avere gioco facile soprattutto nei tempi brevi.
La sinistra (ah…se ci fosse) è elaborazione ed è forse questa buona pratica che è mancata da quasi mezzo secolo. Di questa assenza hanno beneficiato Berlusconi, Grillo, Renzi, Salvini e ora la Meloni con ondate di successo che, a guardar bene, presentano molte analogie. Certo è che si aggravano i segni della patologia e questo dipende dalla distanza che ci separa dal tempo in cui si elaborava e si faceva politica.

Un bel guaio veder crescere una malattia e avere sempre meno posti letto.
Che curiosa coincidenza non volersi più curare perché non ci sono medici e non andare a votare perché non ci sono politici.

Stefano Pierpaoli
21/04/24

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