Mancata educazione ai sentimenti” questa, in sintesi, la motivazione scritta sulla sentenza che ha condannato al pagamento di un risarcimento di 450.000 Euro i genitori degli adolescenti che avevano abusato sessualmente di una ragazzina per circa due anni.

Aldilà di qualche lecita perplessità sulla valutazione spiccatamente morale che ha spinto alla condanna, c’è da sottolineare l’ampiezza del significato assunto da questo giudizio. Esso infatti oltrepassa la dimensione del legittimo risarcimento a un danno recato, ed entra nel merito del messaggio educativo trasmesso in questo caso dai genitori che – come recita la sentenza – non hanno badato a che «il processo di crescita» dei loro figli «avvenisse nel segno del rispetto dei sentimenti, dei desideri e del corpo dell’altra/o».

È chiaro che la responsabilità della famiglia ha il ruolo principale nella dinamica educativa, ma nel concepimento stesso di un verdetto nel quale si esprime un così marcato intervento morale, è quasi implicito che si sancisca un paradigma di principi riconoscibile da tutti, composto da regole e valori condivisi e facilmente reperibili nella nostra società.

La sentenza pertanto determina anche un giudizio più generale, quello cioè riferito ai modelli proposti (o imposti) in particolare dai media, che offrono rappresentazioni sferzanti e ininterrotte di fatti e personaggi che diventano fatalmente fonte di ispirazione e di condizionamento negli indirizzi e nei comportamenti di giovani e giovanissimi.

Il sistema di valori a cui si ispira la sentenza è morto e sepolto da 40 anni. La società in cui crescono i “giovani barbari” che osserviamo ogni giorno, non tiene più conto di quei parametri.

Questi genitori, che dovranno giustamente pagare quel risarcimento, sono con tutta probabilità nati negli anni ’70 e quindi anch’essi figli di questa società. Figli dell’avvento della tv commerciale, del cinepanettone e dell’ottimismo a oltranza. Barbari anch’essi e semianalfabeti. È corretta la definizione di tutti i giornali che hanno indicato come “normali” queste famiglie.

Quando i loro figli, a 14 anni, correvano a comprare i romanzi di Moccia e di Melissa P., solo per fare due esempi, non potevano capire il danno che si stava producendo e accoglievano con un sorriso ebete la deprimente promozione dello stupro consumato ai danni dell’intelligenza e della dignità.

La violenza e l’inciviltà che si stanno impadronendo di grandi spazi nel nostro quotidiano sono come il segno di una vendetta messa in atto dall’umanità. Messa in atto dai sentimenti mortificati ed esiliati dalle scelte criminali di chi sa bene che dominare popolazioni ignoranti e smarrite è più facile che confrontarsi con donne e uomini consapevoli e determinati.

Questa sentenza va accolta con favore anche per l’impulso che può trasmettere. Ora attendiamo con fiducia le sentenze o le scelte che possono contrastare l’incessante invasione dei mostri culturali e mediatici.

Stefano Pierpaoli

6 febbraio 2010

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