totem_italiaOgni volta che mi trovo impegolato in iniziative anelanti alla visibilità e alla propaganda mi viene in mente più o meno la stessa scena. Tribù riunite nell’atto rituale che danzano intorno al totem e onorano il simbolo per essere messe in contatto con le divinità.
Accade ai convegni politici, in cui i sorrisi compiacenti dei leader, ma anche dei quadri funzionari, bastano agli iscritti o ai presenti per ritenersi oggetto di particolare attenzione, presi in considerazione tanto da poter dire a qualcuno o ai familiari la sera a casa: “Quando mi ha visto mi ha anche sorriso”.

Accade alla presentazione delle iniziative culturali, dove c’è il video di 30 secondi dell’attore famoso per promuovere la manifestazione (e legittimarne il finanziamento pubblico) e un altro attore parla dal telefonino, così da diffondere il saluto tramite microfono e altoparlanti, col presentatore che sorride orgoglioso e la folla che applaude, “perché del resto questa gente ha sempre un sacco da fare, non è che poteva intervenire personalmente”.
Succede nelle kermesse della contestazione un tanto al chilo, che per arrivare sul quotidiano e per postare tante notizie sul social network rincorre il VIP che porterà la sua benedizione e li accrediterà agli occhi della pubblica opinione.
Sta di fatto che questa opinione e tutti coloro che dovrebbero esserne rappresentanti, restano sempre esclusi da questo gioco. C’entrano per una decina di secondi solo in quanto lettori o internauti. Sì, perché nella maggioranza dei casi, nelle adunanze appena citate così come in altre ad esse complementari, il rito del totem è un gioco di accreditamenti, di garanzie e di autorizzazioni che serviranno solo al circolo ristretto che danza intorno al totem.
È possibile che anche stare ai margini e poter postare le foto o le frasi può trasmettere l’illusione di ballare con gli altri. Ma se la musica è quella dei diritti civili, dell’accesso alla cultura, dei beni d’uso sociale o di altre questioni che riguardano tutti, nessuno escluso, le piroette intorno al VIP e le interviste del personaggio famoso “che offre tutta la sua solidarietà”, non sono altro che il simbolo degradato della truffa di stampo solo mediatico che viene ormai perpetrata ogni giorno.
Visti i tempi che corrono e per evitare che al centro del ballo ci sia il fuoco col pentolone con dentro tutti noi, sarebbe forse il momento di trovare la ciccia vera da mettere sul fuoco, quella cioè che invece di portare voti, di garantire finanziamenti dall’assessore compiacente e di ottenere autorizzazioni per la conquista di spazi o di poltrone, sia messa a disposizione di tutti nello spirito della democratica partecipazione nella comunità e per la comunità.
I “tutti” in effetti sono tanti, ma quando si tratta di diritti non potranno mai essere troppi.
A ballare preferiamo andarci se e quando ci va. E francamente del totem e dei trenini ne faremmo volentieri a meno.

SteP

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