Desta molte perplessità il fatto che nel pieno di una crisi sistemica senza precedenti ci si perda nel solo ragionamento sulle risorse. Accade in molti settori della nostra società e le ristrettezze economiche non fanno altro che perpetrare il mantra dell’emergenza e dei tagli strutturali.
È difficile smentire il fatto che in un sistema guasto, iniquo e moribondo, se anche si immettessero quantità infinite di capitali esse svanirebbero inesorabilmente, con il solo effetto di arricchire al massimo qualche potentato e aggravare l’ingiustizia sociale. Lo abbiamo visto con l’iniezione di denaro nella casse delle banche che ha soltanto rinviato il disastro.

Da anni ascoltiamo le stravaganti ricette per uscire dalla crisi senza riuscire a osservare il minimo passo avanti. Da anni affidiamo il compito di elaborare il cambiamento a quelli che la crisi l’hanno creata e che hanno sguazzato allegramente nel brodo marcio in cui l’hanno cucinata.
Succede nell’ambito della sanità così come in quello dell’ambiente (raccolta e smaltimento dei rifiuti, abusi edilizi, etc.). Si ripropone nella grande impresa e in quella piccola. Si presenta nell’iniziativa sociale e in quella culturale, producendo danni irreparabili in termini di ricerca, di conoscenza e di armonia collettiva.

 

Le Istituzioni centrali e quelle locali recepiscono con estrema fatica l’urgenza di approcci innovativi e operano con grave lentezza, non tanto per i consueti ostacoli burocratici, quanto per il timore di infastidire gli assetti dominanti e per la propria incapacità di scelta e di decisione.
Nel cinema e nell’audiovisivo assistiamo alla presa di posizione per la difesa del tax credit. Sono anni che questo strumento sembra essere il centro di ogni argomentazione ma in realtà è solo un evidente, piccolo marchingegno per tenere in vita una mummia.
Le risposte giustamente pretese da un’amplissima parte degli operatori del settore, soprattutto i più giovani, riguardano una dimensione molto più concreta e complessiva sull’utilizzo di quelle scarse risorse che verranno trovate e sui criteri di accesso non solo ai finanziamenti ma a quel grande percorso intellettuale e culturale che può essere effettivo solo dopo aver restituito spazio alla sperimentazione, all’uso di nuove forme e linguaggi e all’ingresso di soggetti nuovi e propulsivi in un panorama ormai arido e chiuso in se stesso.
Le minchiate sulla pirateria e sui modelli obsoleti non fanno più presa su nessuno e non sarà l’ennesimo appello al Governo e una nuova fase di falsa conflittualità a dare quella svolta che viene chiesta dalla maggioranza dei cineasti.
Sarà bene non logorare ulteriormente un vasto universo di donne e uomini giunti all’esasperazione e sconcertati dalla incapacità delle classi dirigenti e delle componenti corporative. Questo monito non si riferisce solo al cinema ma a tutto il Paese.
Servono misure strutturali e sistemiche che potranno anche disturbare qualche cupola ma che da subito diano la certezza che il minuetto demagogico dei vecchi baroni è stato finalmente sostituito da una visione in prospettiva che agisce per la risoluzione dei problemi che abbiamo di fronte.

SteP
28 luglio 2013

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